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COVID 19: intervista alla dott.ssa Elisa De Faveri

  • Immagine del redattore: Produzione Webidoo
    Produzione Webidoo
  • 30 ago 2022
  • Tempo di lettura: 3 min

L’INTERVISTA alla dott.ssa Elisa De Faveri, Psicologa clinica- Pedagogista presso studio privato. (di Elisa Fais tratto da “Il Gazzettino” del 27 Gennaio 2021)

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PADOVA «L’isolamento sociale, la riduzione dei contatti e la costante situazione di incertezza hanno determinato pesanti conseguenze psicologiche, in particolare un aggravamento dei sintomi d’ansia e depressione già preesistenti in alcune persone prima dell’emergenza sanitaria».


A lanciare l’allarme è Elisa De Faveri, psicologa e psicoterapeuta che lavora a Padova e provincia.



Dottoressa De Faveri, come è cambiato lo stato di salute mentale dei padovani?

«Si rilevano con maggiore frequenza disturbi d’ansia, in particolare ansia generalizzata e attacchi di panico, agorafobia, ma anche fobie specifiche come la paura della contaminazione che prende il nome di rupofobia. Sono presenti anche disturbi depressivi con apatia, stress, disturbi del sonno, vissuti di frustrazione, sensazioni di noia, rabbia e difficoltà di concentrazione».


Quali sono le maggiori paure?

«I timori sono legati al pensiero che nulla torni più come prima, il vivere in una situazione costante di stress e di incertezza, l’angoscia di perdere il lavoro e la sicurezza economica. Oltre che la sensazione di impotenza nel riuscire a proteggere i propri cari, specialmente i più anziani, accompagnata dalla paura di andare a trovarli per il rischio di contagio o di poterli perdere se si ammalano. Infine, la paura può essere accompagnata anche da un senso di colpa e responsabilità per chi pensa di poter essere stato fonte di contagio e di aver danneggiato la salute di qualcuno».


Tanti hanno perso familiari e amici.

«Il lutto è il sentimento di dolore che si prova per la perdita di una persona cara. Si tratta di un periodo di tempo caratterizzato da dolore, con intensità e durata variabile, che è necessario attraversare per poterlo elaborare. Spesso il Covid-19 ha impedito ai parenti di dare l’ultimo saluto alla persona sofferente, in particolare se si trovava in una struttura per anziani o per malati cronici. Questo determina il vissuto che la separazione sia stata improvvisa e traumatica, rendendo così più complicato il processo di elaborazione del lutto. Il dolore è amplificato anche dal fatto di non aver potuto assistere il familiare nei suoi ultimi momenti di vita, di non poter conoscere quali siano state le sue ultime parole e quanto gli sia mancato il contatto umano e la vicinanza dei suoi familiari».


Quali possono essere le conseguenze?

«Il mancare di questo rito di passaggio dell’ultimo commiato può suscitare sentimenti di impotenza e di colpa per non essere stati lì negli ultimi istanti di vita, per non aver potuto dare una carezza o tenere la mano. Tutto questo può generare solitudine emotiva, rabbia e tristezza. È necessario, infatti, poter dare parola al dolore e favorirne l’espressione per poter lasciare andare chi è non c’è più. È solo la narrazione che consente alla sofferenza di acquisire forma».


Quali sono le categorie più fragili dal punto di vista psicologico?

«Adolescenti e anziani, perché entrambi hanno bisogno di contatto fisico e di aggregazione. La mancanza o la riduzione delle relazioni sociali, determinata dalla pandemia, può minare il senso di sicurezza e la salute psicologica. L’obiettivo finale è di mantenere un clima affettivo sereno e di non alimentare isolamento, abbandono e la conseguente angoscia. È necessario, infine, condividere emozioni, pensieri e la quotidianità anche se attraverso modalità a distanza, telefonate o videochiamate con familiari e amici per esorcizzare almeno un po’ il vissuto di solitudine».

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Dott. Fabio Garzara


Dottore in Psicologia clinica e Psicoterapeuta
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